Sebbene nella società occidentale, orientata alla performance e alla realizzazione professionale, il gioco sia stato per alcuni decenni ritenuto superfluo ed infantile, ad esso è stata gradualmente restituita l’attenzione che merita. Complice sicuramente è la psicologia che, a partire da Freud e poi con studiosi importanti come Piaget, Vygotskij, Winnicott e molti altri, ha ripetutamente evidenziato quanto essenziale sia il gioco nello sviluppo della maggior parte delle funzioni psichiche umane.

Nel gioco il bambino ha la possibilità di sviluppare il proprio senso di identità, le capacità sociali e relazionali, le proprie funzioni cognitive e simboliche, la percezione del mondo e dei limiti propri e altrui. Attraverso la finzione, la simbolizzazione, la rappresentazione per metafora, l’immaginazione, la competizione, il bambino si confronta in modo sempre nuovo e sempre più evoluto con i problemi, con gli altri e con le possibilità del mondo.

Anche nell’adulto, però, il gioco ha una funzione importante: esso continua ad essere un terreno di sperimentazione, di confronto e di allenamento per le proprie competenze cognitive e sociali, oltre ad essere il contesto privilegiato in cui esprimere certi aspetti di sé e in cui trovare sollievo e scarica per le tensioni accumulate.

Le modalità di gioco e le attività ludiche dell’adulto sono sicuramente diverse da quelle del bambino, ma condividono alcune caratteristiche essenziali proprie di ogni gioco che, già nel 1958, il sociologo ed antropologo Roger Callois individuò. Secondo questo studioso il gioco sarebbe sempre:

  • Libero e volontario: si gioca per il desiderio di farlo, in modo libero, senza costrizioni, per piacere e non per dovere

  • Separato, isolato dal resto dell’esistenza: ogni momento di gioco è delimitato nello spazio e nel tempo, ha un inizio e una fine

  • Incerto: sia l’esito che lo svolgimento sono incerti, non conoscibili a priori

  • Regolato: ogni gioco ha delle regole proprie che i giocatori devono seguire

  • Fittizio: il giocatore ha la consapevolezza che ciò che accade nel gioco non è reale, ma limitato alla realtà del gioco

  • Improduttivo: il gioco è fine a se stesso, lo scopo non è quello di ottenere qualcosa. I premi sono solo incentivi per accrescere il divertimento o la competizione.

Questi attributi si trovano in modo più o meno costante in ogni forma di gioco, che si tratti di un momento ludico coi giocattoli, di un videogioco, di una partita di calcio, di un gioco di società o di un gioco di ruolo.

Tuttavia è possibile, in alcuni soggetti ed in particolari situazioni, che il gioco perda queste caratteristiche e assuma connotati diversi ed un diverso significato. Si parla solitamente di “Ludopatia riferendosi al gioco d’azzardo patologico, ma questo termine dovrebbe comprendere tutti quei casi in cui il gioco, per la persona che soffre di questo disturbo, perde il suo naturale significato e diviene patologico, quando da risorsa si trasforma in un problema, diventando un comportamento dannoso e auto-distruttivo.

Il DSM-5, manuale diagnostico statistico dei disturbi mentali, a cui psichiatri e psicologi fanno spesso riferimento nella pratica clinica, ha recentemente incluso ufficialmente la diagnosi di Gioco d’Azzardo Patologico tra le categorie di disturbi mentali; inoltre ha definito, tra i disturbi che necessitano di maggiore ricerca ma che sono prossimi ad essere inclusi ufficialmente, il Disturbo da Gioco Online.

Questi due fenomeni, per quanto diversi nell’oggetto, condividono molte caratteristiche. In entrambi i casi si tratta di forme di dipendenza, in cui il tempo trascorso al gioco è sempre maggiore, togliendo sempre più tempo, energie e risorse ad altre attività più importanti per il benessere della persona, come lavoro, istruzione, socialità e salute. I pensieri sono per lo più incentrati sul gioco: ripensare ad episodi di gioco passati, pianificare il modo per poter giocare al più presto, fantasticare sul gioco e sulle possibilità future che potrebbe offrire. Chi soffre di questi disturbi tende a mentire agli altri per nascondere il problema, ed è spesso irritabile e irrequieto se non riesce a dedicare tutto il tempo che vuole al gioco. Inoltre il gioco non ha più il mero scopo di divertire o rilassare, diviene una vera e propria necessità, essendo l’unico strumento a disposizione per alleviare stati emotivi negativi come depressione, ansia, senso di colpa, impotenza, o per evitare di focalizzare la mente su aspetti insoddisfacenti della propria vita.

Come ogni normale attività umana (si pensi all’alimentazione, al sesso, alle relazioni, etc) anche il gioco può quindi assumere una forma distorta, degenerata.

Nella sua forma patologica esso non ha più le caratteristiche essenziali del gioco “normale”, ma:

  • Non è libero, diviene una necessità di cui non si riesce a fare a meno, poiché è l’unico strumento che conosciamo per stare meglio, per isolare la mente e non sentire la tristezza, l’ansia, la colpa. Se però sul momento queste emozioni negative vengono evitate, si ripresentano con più forza appena torniamo nel mondo reale, con un crescente senso di colpa.

  • Si perdono i confini temporali, dedicando molto tempo al gioco e sottraendone a tutti gli altri contesti di vita, spesso anche perdendo la cognizione del tempo trascorso. Anche i confini spaziali perdono senso, poiché grazie alla tecnologia è possibile giocare sia d’azzardo che ai videogiochi da qualsiasi dispositivo in qualsiasi luogo.

  • Si cercano di aggirare le regole e l’incertezza per rendere il gioco più meccanico e prevedibile possibile, perdendo il gusto dell’imprevisto a favore della certezza del risultato. Nel gioco d’azzardo questo significa studiare sistemi di vincita e crearsi convinzioni irrazionali sulla prevedibilità del risultato (“se un numero non è mai stato estratto allora è più probabile che esca”, “è uscito il numero vicino al mio, allora devo riprovarci perché ho quasi vinto!”, “se faccio certi gesti, o se mi porto un certo oggetto, avrò fortuna e vincerò”, etc). Nei videogiochi significa massimizzare il guadagno (fittizio, relativo all’avatar virtuale e non a beni reali), cercare metodi per aggirare il sistema, spendere denaro reale per accelerare la crescita nel gioco, investire nel gioco enormi quantità di tempo.

  • Il mondo reale e quello fittizio tendono a mischiarsi, i confini sono più difficili da distinguere e il gioco invade la realtà: i pensieri tornano costantemente al gioco, che è quindi presente nella mente anche durante altre attività; spesso la vita reale viene modificata sempre più drasticamente per lasciare spazio al gioco, e gli eventi del gioco influenzano lo stato emotivo al pari o più degli eventi della vita reale (es: perdita di soldi, morte del personaggio, emarginazione dalla comunità virtuale, etc). Nei casi più gravi si può sviluppare addirittura la convinzione che la realtà stessa segua le regole del gioco.

Intorno al gioco d’azzardo, così come nell’industria dei videogiochi, gli interessi economici sono molto forti; questo spinge spesso i produttori e distributori a sfruttare al massimo ogni sistema per attirare e mantenere giocatori, consci dei fenomeni psicologici che agiscono su ognuno di noi. E così “vanno incontro” ai giocatori, facilitando sempre di più l’accesso ai giochi, rendendoli sempre più diffusi e disponibili, favorendo la perdita della cognizione del tempo, impostando la competizione e la sfida al livello ottimale, permettendo di costruire un alter-ego che possa fungere da ricettacolo di tutti i bisogni reali insoddisfatti, agevolando lo sviluppo di comunità virtuali, attivando i sensi in modo estremamente attraente, fino a creare un bisogno, una necessità.

Come possiamo accorgerci se qualcuno a noi vicino ha un problema col gioco?

Chi ha un problema con il gioco spesso cerca di nasconderlo, in parte per la vergogna ed in parte per non essere ostacolato, tendendo quindi a mentire, a negare, a sminuire, a giocare di nascosto. E’ utile quindi saper cogliere i sintomi o alcuni segnali che possano farci riconoscere il problema:

  • Il tempo trascorso nell’attività di gioco è un segnale piuttosto evidente: la persona ha bisogno di passare sempre più tempo a giocare togliendo gradualmente tempo, energie e risorse alle altre attività. Vanno così a perdere importanza la scuola, il lavoro, gli amici, la famiglia, i passatempi, l’attività fisica, la cura di sé.

  • Si nota quindi un calo degli interessi ed una riduzione delle relazioni sociali.

  • I pensieri sono per lo più rivolti al gioco, anche quando non si sta giocando.

  • L’umore è spesso irritabile e aggressivo, in particolare quando la persona vorrebbe giocare ma non ne ha la possibilità.

  • Le frequenti menzogne, come abbiamo visto, riguardo soprattutto a come la persona impiega il proprio tempo e il denaro

  • Difficoltà nel gestire le emozioni: il gioco ha la funzione di regolatore emotivo, diviene quindi sempre più difficile vivere le emozioni negative, quali ansia, tristezza, colpa, vergogna.

  • Cambiano le abitudini: viene modificata la quotidianità per lasciare sempre più spazio possibile al gioco. Nel caso dei videogiochi si può ad esempio cercare di mangiare davanti al computer per non interrompere l’attività, o si modifica il ritmo sonno-veglia restando svegli di notte per giocare.

  • Le grandi somme di denaro spese, sia nel gioco d’azzardo che nei videogiochi. I giochi online infatti sono costruiti spesso in modo tale da permettere di spendere grandissime quantità di soldi in modo quasi illimitato.

È importante sottolineare che il gioco d’azzardo patologico e il disturbo da gioco online sono malattie, e come tali devono essere trattate. Il ricorso alla psicoterapia o a centri specializzati è sempre consigliabile, poiché nel giocatore patologico si instaurano processi complessi che rendono molto difficile uscirne senza un aiuto esterno.

Grazie alla psicoterapia, con l’aiuto di un professionista, la persona può affrontare il problema da molti punti di vista, imparando a riconoscere il problema, a modificare il comportamento, a pensare diversamente riguardo al gioco, a sviluppare le capacità di gestione emotiva mancanti, a trovare il proprio spazio nelle relazioni e in generale a costruire la capacità di vivere serenamente facendo a meno della dipendenza dal gioco.

BIBLIOGRAFIA

American Psychiatric Association (APA) (2013), DSM-5. Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, tr. it. Raffaello Cortina, Milano, 2014.

Callois, R. (1968). I giochi e gli uomini: la maschera e la vertigine. Trad.it., Bompiani, Milano, 2000

Huizinga, J. (1939). Homo Ludens. Trad.it. Einaudi, Torino, 2002.

Serpelloni, G. (2013). Gambling. Gioco d’azzardo problematico e patologico: inquadramento generale, meccanismi fisio-patologici, vulnerabilità, evidenze scientifiche per la prevenzione, cura e riabilitazione. Manuale per i Dipartimenti delle Dipendenze. Cierre Grafica. Verona.

Valleur, M., Matysiak, J.C. (2004). Sesso, passione e videogiochi. Le nuove forme di dipendenze. Bollati Boringhieri.

Winnicott, D.W. (1974). Gioco e realtà. Armando, Roma.

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